È uno degli effetti dell’articolo 39 della Costituzione, che è rimasto disapplicato. Per estendere a tutti i lavoratori i minimi contrattuali è sufficiente che i sindacati si registrino: non c’è motivo perché non lo facciano. Una proposta di Adesso! per il salario minimo costituzionale.
Il governo e la maggioranza che lo sostiene si sono più volte detti contrari all’introduzione del salario minimo, nonostante sia presente nella maggioranza dei Paesi UE e in tutti i Paesi del G7, tranne che in Italia. Il governo cambierà idea? Forse non è impossibile, ma di certo è difficile. Il salario minimo si può però fare anche senza l’appoggio della maggioranza, grazie all’articolo 39 della Costituzione, che prevede: “I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.” Vale a dire estendere a tutti i lavoratori le previsioni dei contratti.
Le conseguenze del salario minimo costituzionale
<<Come conseguenza immediata si avrebbe l’applicabilità dei minimi previsti dai contratti collettivi a tutti i lavoratori che percepiscono stipendi più bassi, ma non solo>> spiega Tomaso Greco, uno dei promotori di Adesso! <<si metterebbero fuori gioco da subito i “contratti pirata”, obiettivo dichiarato della proposta di legge dell’opposizione>>. E non sarebbe solo l’aspetto economico dei contratti a essere esteso: vanno considerati anche tutti gli aspetti non economici, ma non per questo secondari, dei contratti.
Chi sarebbe avvantaggiato dal salario minimo costituzionale
La forza del salario minimo costituzionale è quella di allargare la platea, andando anche oltre al perimetro dei soli lavoratori subordinati. Pensiamo ai lavoratori parasubordinati, a una parte importante del mondo delle partite IVA, agli iscritti agli ordini professionali, ai lavoratori autonomi occasionali, alle cooperative non genuine e a molti altri lavoratori per i quali i parametri dei contratti collettivi diventerebbero il riferimento, anche quando non direttamente applicabili.
Sarebbe una rivoluzione, anche per quegli ambiti tradizionalmente toccati poco o nulla dalla contrattazione collettiva.
Come realizzare il salario minimo costituzionale
Va premesso al ragionamento che l’articolo 39 è vigente. Il fatto che non sia stato finora attuato non lo ha certo “abrogato di fatto”. Poi va rilevato un paradosso: l’opposizione chiede al governo una legge per estendere i contratti collettivi a tutti, stessa cosa fa una parte del mondo sindacale. Ma non serve una legge per ribadire quello che già prevede la Costituzione.
La proposta dell’opposizione ha il merito di aver aperto un dibattito, ma ha due grandi limiti: per entrare in vigore ha bisogno di convincere la maggioranza e comunque non entrerebbe in vigore prima di novembre 2024. Nella migliore delle ipotesi.
La registrazione invece è un adempimento molto contenuto, che avrebbe un enorme impatto sul mondo del lavoro e sul lavoro povero.
Se nel 1948 c’erano condivisibili ragioni di prudenza che hanno portato i sindacati a non registrarsi, oggi non c’è ragione perché non lo facciano.
Si può perfezionare la previsione costituzionale? Assolutamente sì, sul piano della libertà sindacale superando il concetto rigido e ormai desueto di categoria, sul piano delle regole determinando dei criteri di rappresentatività dei sindacati e le regole di partecipazione al voto dei lavoratori o dei loro rappresentanti democraticamente eletti. Integrazioni fortemente auspicabili, così come è auspicabile che vengano introdotte a larga maggioranza.
Nelle ultime settimane molti soggetti autorevoli del mondo sindacale ed economico hanno riacceso l’interesse attorno all’articolo 39 e ai potenziali effetti della sua attuazione. Ne ha parlato anche Maurizio Landini nella sua intervista a QNEconomia domenica. Di grande interesse poi la posizione della Fondazione Anna Kuliscioff espressa a inizio estate per tramite del suo presidente Walter Galbusera. Non c’è ragione perché non se ne discuta seriamente: attuando la Costituzione si rafforzerebbe e garantirebbe la contrattazione collettiva, si incentiverebbe la partecipazione, si estenderebbero i contratti collettivi più rappresentativi a tutti i lavoratori.
Ma così facendo ci sarebbero più “salari minimi”?
Sì, a seconda del lavoro che si svolge, del contratto collettivo nazionale di riferimento. Quello che conta è che non ci sarebbe più nessun lavoratore senza salario minimo. E in diversi casi il salario minimo sarebbe decisamente più alto di quello da 9€ lordi previsto dalla proposta di legge delle opposizioni. Che non è incompatibile con l’articolo 39 della Costituzione, ma è complementare. Nulla vieta di fissare un livello minimo per legge sotto il quale i contratti collettivi non possono andare in nessun caso, anche perché esistono anche dei contratti collettivi rappresentativi che sono inferiori ai 9€ lordi. Pochi, per fortuna, ma esistono. Resta, in quel caso, sempre lo scoglio di convincere la maggioranza.
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Adesso! è un movimento di proposta e un progetto di media activism che ha raccolto online oltre 4.600 adesioni in meno di due mesi. Ha l’obiettivo di sollecitare la ripartenza dell’ascensore sociale. Trova il suo riferimento culturale e politico nel coraggio e nelle idee di Giacomo Matteotti. È raggiungibile all’indirizzo https://www.instagram.com/adesso.news/
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