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Cannabis legale: ecco cosa prevede la normativa italiana di riferimento

Bisogna tornare a tre anni, più precisamente nel mese di maggio del 2019, per approfondire quanto è stato deciso con una sentenza della Corte di Cassazione. Quest’ultima, infatti, ha voluto interpretare la norma che regola l’uso della cannabis light sul territorio italiano in maniera decisamente più restrittiva.

Entro i nostri confini, l’attività di vendita della marijuana legale in Italia è diventata possibile solo a partire dal 2016, grazie a una specifica legge, la n. 242, che è ancora in tutto e per tutto in vigore. Proviamo a capire meglio che cosa prevede questo corpus normativo che disciplina una materia sempre piuttosto spinosa.

Cosa dice la legge in vigore in Italia

Ebbene, questa legge, che è stata introdotta nel 2016, ha scolpito una serie di limiti ben precisi per quanto riguarda l’attività di vendita della cannabis light entro i confini italiani. Il limite da rispettare è il seguente, ovvero che tale commercio è permesso a patto che la cannabis oggetto degli scambi presenti un livello di THC che va dallo 0.2% allo 0.5%.

La normativa sulla cannabis light: cosa bisogna sapere

Nel momento in cui si fa riferimento a degli effetti psicotropi, si parla di sostanze che possono influire sulle funzioni di natura psichica. Le conseguenze sono soprattutto legate ai livelli di cannabidiolo che sono presenti, meglio conosciuto anche con l’acronimo di Cbd. Si tratta a tutti gli effetti di un derivato della canapa.

Va messo in evidenza come questo derivato non provochi lo sballo, quanto piuttosto si caratterizza per garantire un effetto ansiolitico naturale. In poche parole, ha un effetto rilassante. Non solo, dal momento che va a prendere il posto di altre tipologie di farmaci, che sono particolarmente diffusi in commercio e la cui funzione è proprio quella di tenere sotto controllo l’ansia.

Sono queste le premesse con cui l’industria della cannabis legale ha provato a diffondersi in Italia, avendo una solida base normativa su cui poggiarsi. Al giorno d’oggi, in questo settore operano più di 150 imprese. Ebbene, attualmente, la legge italiana permette di effettuare la coltivazione di semi di canapa Sativa, con la destinazione dedicata al campo della produzione di fibre tessili piuttosto per impieghi industriali. Questi ultimi devono essere oggetto di apposita certificazione e tracciabilità.

Dal punto di vista alimentare, la normativa di riferimento va a precisare quelli che sono gli alimenti che si possono ottenere direttamente dalla Canapa, rimarcando quanto sia importante indicare sempre i livelli di THC. Questi ultimi, per poter rispettare l’indicazione di marijuana light e legale, devono essere compresi tra lo 0.2% e lo 0.5%.

Spostando l’attenzione sui venditori, la stessa legge mette in evidenza come il commerciante non sarà punibile nel caso in cui dovesse offrire valida documentazione circa la provenienza lecita dei semi raccolti da coltivazioni a loro volta lecite. Stesso discorso per i consumatori, che non possono essere in alcun modo puniti nel caso in cui provvedano a comprare dei prodotti tracciabili che presentano dei livelli di THC che si mantengono entro i limiti che vengono stabiliti dalla legge.

I grammi che sono permessi per utilizzo personale

Per evitare di entrare nel campo del diritto penale e di commettere un vero e proprio reato, è necessario rispettare alla lettera la normativa. Quindi, entro i confini italiani è possibile detenere fino a quantitativo massimo pari a 500 mg di principio attivo, qualora si tratti di hashish, marijuana e cannabis. D’altro canto, va detto che il possesso di droga rimane pur sempre un illecito dal punto di vista amministrativo, anche quando non ci sono gli estremi per la punibilità come reato penale. Bisogna ricordare, però, come, con il possesso della cannabis light, a patto che sia tracciata e con dei livelli di THC predetti, i consumatori non possono essere in alcun modo puniti. 

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