Numeri alla mano, sono tantissime le persone che, ogni giorno, decidono di acquistare semi di marijuana per la coltivazione casalinga. Come sicuramente sai, le opzioni sul mercato sono numerose. In questo novero è possibile includere i semi autofiorenti. Non fotoperiodici ma con un ritmo di crescita vincolato solamente all’età della pianta, sono apprezzati per via della rapidità con la quale si può ottenere il raccolto, ma anche per la semplicità di gestione.
Quando i neofiti leggono soprattutto quest’ultimo punto, pensano che sia praticamente automatico ottenere risultati. Ecco: non lasciamoci ingannare. Esistono, come in tutti i casi, degli errori che è opportuno evitare. Scopriamone cinque nelle prossime righe.
Lasciare i semi al al buio per troppo tempo
Dopo la messa a dimora, sia i semi sia le piante che man mano crescono non dovrebbero essere lasciati al buio per troppo tempo. Anche se, come già detto, non esiste il vincolo della fotoperiodicità, la luce ha comunque il suo perché. Gli approcci che si possono adottare sono diversi. In questo novero è possibile includere lo schema 18/6, decisamente prediletto rispetto a quello di 24 ore.
Piantare i semi troppo a fondo
Un altro errore che viene fatto da chi acquista semi di cannabis autofiorenti perché è alle prime armi con la coltivazione della pianta è quello di mettere a dimora i semi troppo a fondo nel substrato scelto. L’ideale prevede il fatto di sistemarli a una profondità di 0,5 cm. Un altro dettaglio che non va assolutamente trascurato riguarda il fatto di seppellire il seme con la punta all’insù. In questo modo, infatti, si riesce a facilitare il percorso della radice.
Esagerare con l’irrigazione
Eccoci a parlare di un altro errore frequente tra coloro i quali si approcciano da zero o quasi alla coltivazione di cannabis con le autofiorenti. In queste situazioni, si tende spesso a partire esagerando con l’apporto idrico. Sbagliatissimo! Quello che spesso non si tiene in conto è che, quando si ha a che fare con la tipologia di semi a cui è dedicato questo articolo, si “lavora” in una condizione in cui è particolarmente importante far passare il terreno da una condizione di notevole umidità – attenzione, non deve mai e poi mai risultare inzuppato al tatto – a una vicina all’asciuttezza. Anche per quanto riguarda quest’ultimo punto è doverosa una precisazione: il terreno nel quale si fanno crescere i semi di cannabis non dovrebbe mai essere secco. In tal caso, infatti, il rischio è quello che si danneggino le radici.
Non controllare la sterilità del substrato
Nel momento in cui si mettono a punto i dettagli del substrato per le proprie piante di cannabis autofiorente, è necessario fare attenzione alla sterilità dello stesso. Ciò vuol dire che non devono essere presenti spore o altri contaminanti. Anche la presenza di tracce di semi diversi rispetto a quelli di cannabis può rivelarsi dannosa. Il rischio, infatti, è quello di avere a che fare con fastidiose interferenze con lo sviluppo dei germogli della pianta. Il problema appena descritto si risolve facilmente ricorrendo a dei kit di terriccio già preparati.
Non calcolare bene le tempistiche di raccolta dei fiori
Quando si parla di errori da non fare nel momento in cui si inizia a coltivare la cannabis autofiorente, un doveroso cenno va dedicato alla tendenza, molto diffusa, a non calcolare bene le tempistiche di raccolta dei fiori. Gli esperti sono molto chiari in merito: se si vuole evitare di avere a che fare con dosaggi poco equilibrati di cannabinoidi, la cosa giusta da fare è procedere alla raccolta nel momento in cui ci si accorge che i tricomi sono per la metà color ambra. Nel caso delle autofiorenti, questo momento arriva, in linea di massima, dopo 10 settimane dalla germinazione.